IL CORSAIR
Capo Comino
SCHEDA
Ho avuto il piacere di immergermi su questo relitto una ventina di anni orsono e a quel tempo l'aereo era raggiungibile da riva grazie a una boa che ne segnalava la presenza a poche centinaia di metri dalla battigia. LA STORIA
APERTURA ALARE 12,5 MT
LUNGHEZZA 10,2 MT
PESO 4.500 KG
ARMI 4 CANNONCINI DA 20 MM
AUTONOMIA 1600 KM
VELOCITA' 650 KM/H
QUOTA MASSIMA 11000 METRI
Il Corsair, di proprieta' dell' Aereonavale Francese, matricola AU-I-129367, era un caccia da guerra monoplano, con ala bassa, costruito dagli United Aircraft Corp USA e utilizzato comunemente dall'aviazione Francese che ne acquisto' un centinaio di esemplari e lo utilizzo' in Indocina, in Algeria e nell'operazione di Suez.
Fu per anni il miglior caccia navale potendo operare sia da terra che dalle portaerei, comandato da un solo pilota che aveva un campo visivo molto limitato.
Un dato testimonia dell'efficacia di questo velivolo, chiamato la MORTE SIBILANTE dai giapponesi; durante le oltre 64000 missioni compiute nel Pacifico, a fronte di oltre 2100 aerei nemici abbattuti le perdite furono di solo 189 esemplari.
Il Corsair di Capo Comino precipito', inabissandosi al largo della costa orientale sarda, nel giugno del 1963 a una profondita' non identificata. Li rimase fino al 28-01-1985 quando, il signor Avellino Santino, pescatore della zona, mentre stava pescando a strascico, incoccio' con la rete il velivolo.
Il pescatore, resosi conto di aver pescato qualcosa di grosso, nel tentativo di recuperare la rete, si porto' con il suo motopesca ''Valeria'' sul bassofondale della spiaggia di Salina Manna.
Nell'operazione venne aiutato da un secondo peschereccio, il ''Rosanna''.
Avvisate subito le autorita' competenti, il giorno 29, i sommozzatori della Guardia di Finanza andarono a controllare il relitto rinvenendo una busta contenente dei documenti in pessimo stato di conservazione.
Dopo una accurata opera di restauro si risali' a un foglio di Permesso n. 0221503 da cui fu possibile risalire a quale aereo appartenesse.
Il 1 febbraio i sommozzatori recuperarono, all'interno della cabina di pilotaggio, alcuni frammenti di stoffa e dei resti umani. Le spoglie vennero esaminate dal personale medico che confermo' trattarsi di resti umani e precisamente un frammento di calotta cranica, e un osso mastoideo oltre a altri frammenti.
E come nelle migliori tradizioni ecco, improvvisamente, arrivare il mistero…. In data 6 febbraio 1985 i sommozzatori del Nucleo SDAI della Maddalena scesero nuovamente in acqua per completare il recupero dei resti del pilota quando, dalla Francia, giunse notizia che il pilota stesso non solo non era deceduto, ma addirittura era vivo e vegeto….di chi fossero le ossa rimase per sempre un mistero.L'IMMERSIONE
La storia del relitto mi aveva conquistato e decisi di dedicarvi alcuni tuffi.
L'immersione non dava nessun tipo di problema, il velivolo era appoggiato su una candida rena bianchissima e poteva essere raggiunto anche in apnea, essendo a non piu' di 6 metri di profondita'.
Proprio la sua ubicazione cosi prossima alla spiaggia faceva si che, a seconda del moto ondoso, il relitto fosse piu' o meno esposto. Ebbi la fortuna di ammirarlo con le ali scoperte ma, quasi sempre, lo trovai insabbiato con fuori solo parte della carlinga.
Mi ricordo la presenza di un groviglio di cavi e cime, fili elettrici e strumentazione varia.
Ben visibile la cabina del pilota, davvero angusta. La parte anteriore era priva dell'elica e al suo posto un grosso foro rotondeggiante pieno di cavi e tubature.
In questa zona, al tempo del ritrovamento, era agganciato il motore stellare, che venne asportato poco dopo il ritrovamento. Peccato perche' avrebbe reso ancora piu' interessante la visita al relitto.
Sulle ali erano al tempo visibili le mitragliere rimanenti, tre in tutto se non ricordo male, di cui due rivolte in avanti e una indietro.
Non erano invece presenti il timone e gli impennaggi, al contrario un grosso foro lasciava intravedere un altro ammasso di cavi.
Non ho piu' avuto occasione di immergermi in quelle zone, spero che l'aereo sia ancora al suo posto e chissa', prima o poi, di tornare a salutarlo.